Limitiamo il ragionamento alle vendite online di oggetti ai clienti finali (il cosiddetto “b2c“, ovvero business to consumer) in Italia. Quindi per ora lasciamo perdere sia le vendite all’estero (per le quali le questioni IVA si complicano) che quelle cosiddette “dirette” (ovvero la vendita di prodotti scaricabili o fruibili direttamente dal momento dell’acquisto e che non prevedano plico). Concentriamoci sui siti che offrono l’acquisto ed il pagamento di prodotti che devono poi essere inviati fisicamente all’acquirente.
Diciamo subito che le questioni in ballo sono soprattutto due:
- l’IVA
- le tasse sui profitti.
La sentenza ha dichiarato che chi vende senza scopo di lucro non rientra nella cosiddetta “attività di impresa”, e quindi non deve versare l’IVA, non deve fare la dichiarazione del reddito percepito (che soltanto non c’è). A chi opera in questo modo non è ovviamente richiesta la partita IVA. Ma a tutti gli altri che invece operano con finalità speculative?
Ebbene chi opera con “lucro soggettivo” (ovvero chi vende per guadagnare) viene necessariamente ed automaticamente individuato come attività di impresa. Quindi in questo caso è tenuto a versare l’IVA incassata allo Stato e a dichiarare a fine anno il suo reddito proveniente da questa attività. Per fare ciò la partita IVA è necessaria (per le aliquote IVA da applicare invece bisogna fare riferimento al “Testo Unico IVA” in cui sono riportate per ogni tipologia di prodotto).
Ci sarebbe un minimo sotto il quale si potrebbe operare in assenza di partita IVA (5.000 euro annui), ma vale solo per le attività occasionali non continuative e non strutturate (quindi non vale per alcuna attività di impresa). In questo limite rientrano ad modello i privati che rivendono su eBay i loro oggetti usati, o chiunque altro non operi come un’impresa (e chi opera per scopi di lucro come dicevamo prima è considerato immediatamente un’attività di impresa).
Ricordatevi infatti che è obbligatorio per legge aggiungere al proprio prezzo di vendita la corretta aliquota IVA (che spesso è del 22%) e che è altrettanto obbligatorio versare l’IVA così incassata allo Stato (ovviamente è vietato trattenersela).
Quindi la risposta alla domanda del titolo è: SI’, se vendete oggetti in Italia ai clienti finali e lo fate per scopo di lucro, la partita IVA per vendere online è necessaria. Solo nel caso in cui lo facciate, o lo abbiate fatto, occasionalmente e senza lucro, e non avete superato la soglia dei 5.000 euro all’anno di incasso potete evitarlo.
Via ilsole24ore